22 novembre 2017

EUROPA: LIBERTA' O NEGAZIONE DELLE LIBERTA'

L’Unione Europea nega più libertà e pluralismo!

Che immagine dell’Europa ci viene trasmessa in queste settimane dalle massime istituzioni continentali?
Dinanzi al caso del Regno Unito, difficile non rimanere colpiti e irritati dalla volontà di “farla pagare” a una popolazione che in piena autonomia ha deciso di uscire dall’Unione così come, alcuni decenni prima, aveva scelto di entrare nella Comunità stessa. 
Non si comprende come gli eurocrati possano giustificare il loro disprezzo per una volontà espressa democraticamente e basata su ben precise argomentazioni. 
Nell’affrontare la Brexit, í responsabili dell’Unione sono apparsi privi della minima disponibilità a fare autocritica, ad ammettere che un’antica società di tradizione liberale non poteva lasciarsi dominare da qualche grigio commissario, né poteva subire un modello di giustizia e comunità politica in cui non si riconosce.
Ugualmente imbarazzante è il modo in cui, in queste settimane, gli eurocrati hanno appoggiato l’azione repressiva condotta in Catalogna dal governo spagnolo.
Si può ritenere illegale (secondo la Costituzione del 1978) il referendum convocato dalla Generalitat catalana, oppure si può pensare che l’ordinamento spagnolo non possa ignorare il diritto internazionale, che è sovraordinato rispetto a quello costituzionale e garantisce il diritto di auto determinazione di ogni popolo.
Ma al di là di queste discussioni, è inammissibile che nell’Europa del 2017 la Guardia Civil picchi normali cittadini intenti a votare e che tribunali controllati politicamente mettano in prigione esponenti dell’opposizione e responsabili di associazioni culturali. 
Molti giuristi spagnoli (tra il costituzionalista Javier Pérez Royo, dell’Università di Siviglia) hanno condannato senza mezzi termini l’arresto privo di ogni base legale degli esponenti della società civile e del governo catalano. 
A Bruxelles, però, Jean-Paul Juncker e gli altri suoi sodali hanno fatto a gara nel sostenere il governo di Mariano Rajoy e le sue scelte.
Se oggi l’Unione è orientata a censurare le scelte della popolazione (come nel Regno Unito) e a difendere riemergenti tentazioni autoritarie, questa istituzione è la negazione di quella che avrebbe dovuto darci più libertà e pluralismo. Non c’è da stupirsi, allora, se l’euroscetticismo dilaga ormai un po’ ovunque.

4 novembre 2017

CONSUMO SUOLO: IL DISEGNO DI LEGGE DIVENTI LEGGE ENTRO IL 2018

Lettera aperta al Presidente del Consiglio dei Ministri e ai Ministri competenti
dei Presidenti di Coldiretti, FAI-Fondo Ambiente Italiano, INU,  Legambiente LIPU, Slow Food, Touring Club Italiano e WWF Italia
Il disegno di legge sul consumo di suolo diventi legge entro fine legislatura.

Salutiamo con favore e speranza la piena consapevolezza, emersa in occasione degli Stati Generali del Paesaggio (del 25 e 26 ottobre scorsi), nelle dichiarazioni pubbliche del Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e del Ministro Dario Franceschini che il nostro Paese non può continuare a limitarsi a registrare un preoccupante e persistente consumo del suolo senza dotarsi di uno strumento normativo che eviti nuovi sfregi al territorio italiano.
Questa consapevolezza deve tramutarsi ora in un’assunzione di responsabilità da parte del Governo nel concordare un’azione con il Parlamento per fare in modo che il disegno di legge sul «Contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato», ora all’esame del Senato, diventi legge prima della fine della legislatura.
In termini assoluti il consumo di suolo in Italia ha già intaccato dal secondo dopoguerra a oggi circa 21.000 chilometri quadrati del nostro territorio, con un valore di suolo consumato pro-capite che passa dai 167 metri quadrati del 1950 per ogni italiano, a quasi 350 metri quadrati nel 2013 e continua ad avanzare al ritmo di 30 ettari al giorno: 
occorre agire adesso!

Il disegno di legge sul consumo del suolo, ricordiamo, derivava da una prima iniziativa governativa, a fine del 2012 – nella passata legislatura - ed è stato integrato e riproposto in questa legislatura con una plurima paternità governativa. Malgrado ciò è rimasto fermo a Montecitorio per ben 3 anni e 3 mesi. E ora (fine ottobre) è da 518 giorni all’esame del Senato. Il disegno di legge è, dunque, nelle mani del Parlamento da 4 anni e 7 mesi.
Ora sono in discussione nelle Commissioni Ambiente e Agricoltura riunite del Senato delle importanti modifiche migliorative che se accolte: permetteranno al Paese di dotarsi di una legge che riconosce il suolo quale bene comune e risorsa limitata; consentiranno di indirizzare le trasformazioni sulla rigenerazione urbana invece che sul consumo di suoli agricoli o verdi; porranno un limite al consumo del suolo; renderanno obbligatorio ilcensimento degli edifici e delle aree libere.
Riteniamo che sia indispensabile dotare il Paese di una norma innovativa ed efficace sul consumo di suolo. Ma questo presuppone che nel patto tra Governo e due rami del Parlamento sui disegni di legge da approvare a fine legislatura ci sia anche il ddl sul «Contenimento del consumo di suolo e riuso del suolo edificato» che, dopo le modifiche del Senato, deve essere approvato senza modifiche dalla Camera dei Deputati.
La finestra temporale è stretta perché sta già iniziando la sessione di Bilancio 2018 al Senato ed entro la prossima primavera le Camere verranno sciolte per andare alle elezioni nazionali. C’è poco tempo ma se ci sono l’impegno e la convinzione del Governo e dei due rami del Parlamento, esistono numerosi precedenti che ci dimostrano come ciò sia possibile. Facciamo che sia possibile, chiediamo alle istituzioni di essere coerenti perché alle parole seguano i fatti.

Roberto Moncalvo, Presidente Coldiretti
Andrea Carandini, Presidente FAI - Fondo Ambiente Italiano
Silvia Viviani, Presidente INU- Istituto Nazionale di Urbanistica
Rossella Muroni, Presidente Legambiente
Fulvio Mamone Capria, Presidente LIPU
Gaetano Pascale, Presidente Slow Food
Franco Iseppi, Presidente Touring Club Italiano
Donatella Bianchi, Presidente WWF Italia

Roma, 31 ottobre 2017


Il presente comunicato è inviato dall’Ufficio Stampa del WWF Italia in rappresentanza di tutte le assiciazioni citate.

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Al via un prototipo di tessuto double-face per riscaldare e raffreddare il corpo umano

Un tessuto nanostrutturato composto di rame, carbonio e polietilene che ha due lati, uno 'invernale' e uno 'estivo'. L'obiettivo è ridurre i consumi energetici degli impianti di climatizzazione.
Invece di riscaldare e raffrescare gli ambienti interni agli edifici, non varrebbe la pena riscaldare o raffreddare le persone che li abitano? E' partita da questa domanda la ricerca di un team del Dipartimento di Materials Science and Engineering dell'Università di Stanford, con l'obiettivo di trovare una soluzione per ridurre i consumi energetici legati agli impianti di climatizzazione.

Tessuto nanostrutturato

Ne è nato un tessuto nanostrutturato composto di rame, carbonio e polietilene che è in grado di modificare la temperatura corporea di chi lo indossa.
Lo studio è iniziato nel 2016, quando il team guidato dal professore Yi Cui era riuscito a sviluppare un particolare tessuto che riusciva a raffreddare la pelle grazie a un involucro trasparente e impermeabile all'acqua che aveva la caratteristica di catturare ed eliminare le radiazioni infrarosse dal corpo. Rispetto a un tradizionale tessuto, la soluzione nanotecnologica riusciva ad abbassare di un paio di gradi la temperatura interna.

Soluzione 'bi-modale' caldo/freddo


Da qui, l'idea di invertire il processo e riuscire a sviluppare una soluzione 'bi-modale' che potesse essere utilizzata sia in inverno sia in estate, con risultati opposti. I ricercatori hanno così scoperto che il tessuto, indossato con lo strato di rame rivolto verso l'esterno, era in grado di catturare il calore e riscaldare la pelle nei giorni freddi. Posizionando invece lo strato di carbonio all'esterno si ottiene il risultato opposto, quello di raffreddare il corpo.

2 novembre 2017

CVA SPA - VERSO LA QUOTAZIONE IN BORSA? ELEMENTI DI APPROFONDIMENTO.


Una serata di approfondimento per capire qualcosa di più sulla società CVA spa e per maggiori informazioni sulla discussa quotazione in Borsa della stessa.



*Chasing pavements: è come cercare di raggiungere qualcosa pur già sapendo in partenza che sarà destinato ad un fallimento. 
Come voler  provare lo stesso, perchè si ha una speranza senza fondamento.

AOSTA - TRAMONTO - 29 OTTOBRE 2017



22 ottobre 2017

VACCINI CON INTELLIGENZA





La esecuzione di dosaggi di anticorpi prevaccinali in genere rientra fra le “Prestazioni di prevenzione gratuite ai sensi del DM 1/2/1991 in quanto disposte nel prevalente interesse pubblico“, altresì ribadito dall’art. 7 della Legge 210/92 e dall’art. 1 comma 4 lettera b del D.Lgs.124/1998 [quest’ultimo con particolare riferimento alle vaccinazioni raccomandate]Per effettuare questi esami gratuitamente in regime di SSN occorre quanto segue:
– deve esistere sul territorio un laboratorio che li esegua [azienda ospedaliera oppure  laboratorio accreditato];
– deve esserci volontà politica della ASL di recepire il suddetto DM e fornirli ai cittadini, il che si traduce nella stipula di accordi fra la ASL e la struttura erogatrice in cui la ASL accetta di pagare e concorda il prezzo delle prestazioni;
– gli esami sono gratis solo se a prescriverli sono i medici funzionari ASL, ossia gli ex ufficiali sanitari, oggi “medici incaricati di sanità pubblica”, tra i quali rientra il medico vaccinatore.
– a questo punto la prestazione risulta esente da ticket per categoria, con codice di esenzione già previsto in tariffario regionale “P03 – Prestazioni specialistiche correlate alla pratica vaccinale obbligatoria o raccomandata“.
Se invece queste condizioni mancano, oppure il medico vaccinatore oppone resistenza, è vostro diritto eseguire questi esami e individuare un laboratorio esecutore al quale potete accedere direttamente e semplicemente pagando [purtroppo] di tasca vostra [70 €uro circa].

informate il medico che avete documentato con un filmato le capacità di vostro figlio o di vostra figlia prima della vaccinazione e che, se si verificassero effetti collaterali imputabili alla vaccinazione, il medico ne dovrà rispondere personalmente [il danno vaccinale rientra nella categoria delle “lesioni personali”];
se si arriva a vaccinare, chiedete che la prima goccia del vaccino venga buttata perché spesso contiene i residui di usura della lavorazione meccanica dell’ago;
chiedete che vi venga consegnata la siringa e la scatola con il numero del lotto e il foglietto illustrativo.


Tutto ciò che è stato elencato rappresenta un vostro incontestabile diritto così come è altrettanto vostro incontestabile diritto che ogni ASL vi renda immediatamente noto il numero di lotto, il nome commerciale, il produttore, la data di acquisto, la data di scadenza, il responsabile del procedimento di conservazione e stoccaggio, i dati della procedura di stoccaggio e conservazione in merito ad ogni singolo vaccino somministrato a vostro figlio o vostra figlia.

Le vaccinazioni obbligatorie non sono coercibili, né assimilabili al TSO di origine psichiatrica

Al contrario di quanto scrivono taluni manipolatori della realtà, ribadiamo che benché vi sia un obbligo di legge [che non può prevaricare il rispetto della dignità umana] le vaccinazioni obbligatorie non sono coercibili né assimilabili al TSO di origine psichiatrica. Pertanto, vi sarà sempre un consenso informato da firmare ed è vostro incontestabile diritto che questo consenso – oltre ad essere veramente informato – risponda a numerosi requisiti che abbiamo elencato nel nostro articolo precedente Legge vaccini: pretendere il rispetto del ‘consenso informato’ determinerà la sua sconfitta.

In sostanza, per coloro che hanno maggiori difficoltà a comprendere il concetto, la legge potrà anche obbligare ad un determinato trattamento sanitario ma non può violare in nessun modo i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Non è il contrario!!! Non è che la legge non può violare i diritti della persona umana a meno che tale violazione sia giustificata da un obbligo. La legge può obbligare, ma non può violare:  è chiaro il concetto?

Il consenso informato nasce molto tempo dopo la Costituzione Italiana, per conferire dignità pratica al all’individuo, fungendo da sintesi tra due diritti fondamentali della persona alla cura ed alla autodeterminazione. Esso è stato riconosciuto all’unanimità dalla Giurisprudenza come principio fondamentale in materia di tutela della salute.

Pertanto, anche se dal 6 agosto 2017 la profilassi vaccinale è definita obbligatoria necessita comunque di un “previo consenso informato” giacchè i soggetti a cui è rivolta sono capaci di intendere e volere e/o rappresentati da adulti capaci di intendere e volere. In presenza di tale capacità, attuale e concreta, siamo in presenza di un diritto attuale e concreto all’autodeterminazione che non può essere superato da alcun obbligo.

In altre parole, un bambino può essere obbligato a sottoporsi a vaccinazione, ma conserva il diritto ad essere previamente informato [tramite i suoi tutori] circa il trattamento sanitario che riceverà e, in stretta correlazione, può esercitare il diritto a non essere d’accordo.

Senza il consenso di un soggetto giuridicamente capace, il trattamento sanitario può essere obbligatorio finché si vuole, ma non può essere praticato in alcun modo. E quel medico che decide di infischiarsene, credendosi tutelato dall’obbligo di legge, finisce direttamente in galera senza passare dal via.

La sbandierata minaccia di segnalazione al Tribunale dei minori, poi cancellata, serviva giusto per spaventare i genitori. Perchè, anche a fronte di un obbligo, è sempre necessario acquisire il consenso informato dell’esercente la potestà sul minore. Se l’esercente non acconsente che si fa? Se ne attenua la capacità genitoriale per ottenere il consenso dall’organo a ciò deputato: altro genitore, tutore, tribunale. Un consenso serve comunque.

DOMANDA – Perchè dunque, anche a fronte della necessità epidemiologica, se fosse vera, l’obbligo vaccinale non è mai stato esteso alla popolazione adulta prevalentemente a contatto con i bambini? Ovvero, per tutti i maggiorenni e i minorenni oltre i 16 anni?

RISPOSTA – Perchè in tali casi occorre sempre e comunque il consenso della persona, e se quest’ultima non lo presta [con tanto di bella pernacchia all’indirizzo del Governo] l’unica soluzione sarebbe quella di farla interdire: sì cari lettori, proprio così. E non ci dilunghiamo sul perchè sarebbe impossibile ed inattuabile.

Pertanto, tutto l’impianto di questa nuova legge si regge su un unico presupposto: la paura! Per alcuni la paura delle malattie, per altri la paura delle sanzioni, per altri ancora la paura delle esclusioni sclolastiche, e per molti altri ancora la paura delle segnalazioni al tribunale.

Il mezzo che giustifica il fine è semplicemente “la paura”, ovvero il più grande business al mondo che da sempre ha spinto quante più persone possibili a vaccinarsi.

Ciascuno è ovviamente libero di agire come meglio crede in proprosito, ma sia almeno consapevole che nessuno potrà mai davvero obbligarlo perché l’adesione al sistema è sempre su base volontaria: sempre!!!

Anche quando sembra di non avere scelta, basta un semplice: 

NO GRAZIE ….

Obbligo dei vaccini legittimo nel contesto attuale.

Nell’udienza del 21 novembre 2017, davanti alla Corte costituzionale, sono state discusse le numerose questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto sul decreto legge n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, in materia di vaccinazioni obbligatorie per i minori fino a 16 anni di età.

Le questioni sottoposte alla Corte costituzionale non mettevano in discussione
l’efficacia delle vaccinazioni – attestata dalle istituzioni a ciò deputate
(Organizzazione mondiale della sanità; Istituto superiore di sanità) e da una lunga serie di piani nazionali vaccinali - ma la loro obbligatorietà, sospesa dalla Regione Veneto con una legge del 2007 che aveva introdotto un sistema di prevenzione delle malattie infettive basato solo sulla persuasione.

La Corte ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate.

Secondo i giudici costituzionali, le misure in questione rappresentano una scelta
spettante al legislatore nazionale.

Questa scelta non è irragionevole, poiché volta a tutelare la salute individuale e
collettiva e fondata sul dovere di solidarietà nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie.
La Corte ha considerato tra l’altro che tutte le vaccinazioni rese obbligatorie erano già previste e raccomandate nei piani nazionali di vaccinazione e finanziate dallo Stato nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea). Inoltre, il passaggio da una strategia basata sulla persuasione a un sistema di obbligatorietà si giustifica alla luce del contesto attuale caratterizzato da un progressivo calo delle coperture vaccinali.

È stato, altresì, considerato che la legge di conversione ha modificato il decreto legge riducendo sensibilmente le sanzioni amministrative pecuniarie e prevedendo che, in ogni caso, debbano essere precedute dall’incontro tra le famiglie e le autorità  snitarie allo scopo di favorire un’adesione consapevole e informata al programma vaccinale.
Infine, la mancata vaccinazione non comporta l’esclusione dalla scuola dell’obbligo dei minori, che saranno di norma inseriti in classi in cui gli altri alunni sono vaccinati.

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ALZHEIMER E L'INGRESSO IN RSA.
L’ingresso in queste strutture avviene a seguito di un percorso di valutazione multi-professionale posto in essere dalle c.d. Unità di Valutazione Multi – Dimensionale (Uvmd). In seguito a dette valutazioni, il malato verrà inserito in una graduatoria ordinata in base alla gravità delle condizioni dei pazienti.

Al momento dell’accoglienza in Rsa viene formulato un  piano assistenziale integrato (c.d. Pai) che punta, oltre che alla gestione della quotidianità (igiene personale, alimentazione, ecc.), anche alla gestione delle problematiche comportamentali.

In queste fasi, il Servizio Sanitario Nazionale garantisce sempre il pagamento della quota sanitaria. Alla predetta quota, tuttavia, si aggiunge la quota di rilievo sociale, erogata il più delle volte dalle famiglie e dal Comune in integrazione.

Al riguardo, tuttavia, si sottolinea che non mancano voci discordanti circa la “ripartizione” delle spese afferenti alla retta ed alle cure in Rsa, le quali – per quanto concerne i malati di Alzheimer – dovrebbero essere completamente gratuite e ad intero carico del Servizio Sanitario Nazionale. Per approfondimenti leggi: Alzheimer: i ricoveri in RSA sono a carico totale del SSN



Malati di Alzheimer: il diritto alle prestazioni ulteriori

Nelle ultime fasi della malattia, potrebbero rendersi necessarie – sia che la persona risieda a domicilio, sia in caso di ricovero in Rsa – delle ulteriori prestazioni, quali:

prestazioni mediche da parte del medico di famiglia;
visite ed accertamenti specialistici;
ossigenoterapia;
ausili personalizzati per la deambulazione assistita, per la mobilizzazione, per la posturazione, per affrontare l’allettamento;
presidi per l’incontinenza e la prevenzione delle lesioni da decubito.
Ebbene, il costo di queste prestazioni è a carico del Ssn, poiché si aggiunge alla quota avente rilievo sanitario.

Malati di Alzheimer: il diritto alla nutrizione artificiale
in fase terminale, i malati di Alzheimer potrebbero avere bisogno di essere nutriti artificialmente. La nutrizione artificiale può essere affrontata e gestita anche da casa, ovviamente alla presenza di personale specializzato. Se, invece, il malato è in Rsa la nutrizione artificiale viene svolta dagli operatori socio-sanitari e dal personale infermieristico. Le prestazioni afferenti alla nutrizione artificiale (ivi compresa la fornitura di sacche e di soluzioni da infondere via sondino  naso-gastrico con relativo materiale d’uso) sono integralmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale.



19 ottobre 2017

AUTONOMIA E AUTOGOVERNO ALL'INTERNO DELLO STATO

Trento, 19 ottobre 2017 
Prot. n. A001/570469 
Excelentisimo Señor Don Mariano Rajoy Brey 
Presidente del Gobierno Español 
Palacio de la Moncloa  28071 MADRID 

Molt Hble Sr. Carles Puigdemont 
President Generalitat de Catalunya 
Plaça Sant Jaume, 4 08002 BARCELONA 

Illustri Presidenti, Scriviamo la presente lettera in qualità di esponenti e rappresentanti istituzionali delle Province autonome di Trento e di Bolzano, due enti territoriali che, in virtù dell’accordo internazionale Degasperi-Gruber (sottoscritto da Italia e Austria il 5 settembre del 1946) e della successiva e conseguente disciplina costituzionale (cfr. articolo 116, commi 1 e 2), dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia. Siamo quindi particolarmente sensibili e attenti alle istanze autonomistiche che le diverse realtà territoriali europee perseguono e rivendicano in virtù della propria storia, delle proprie radici culturali, etniche e linguistiche e della volontà di assumere con coraggio la responsabilità delle proprie scelte. E, a questo proposito, stiamo seguendo con apprensione e particolare attenzione quanto sta accadendo in queste settimane in Catalogna. Con questa breve lettera non vogliamo certamente inserirci nel dibattito spagnolo, né tanto meno invadere gli spazi che non sono di nostra competenza. Riteniamo però utile ed opportuno portare la nostra testimonianza, sottolineando, da un lato, le buone ragioni del regionalismo differenziato e ribadendo, dall’altro, la necessità e l’importanza di rivendicare le istanze autonomistiche all’interno delle procedure costituzionalmente stabilite. La storia della nostra autonomia, infatti, rende evidente, da un lato, come la responsabilità delle scelte, se esercitata con coraggio, apertura, lungimiranza e intelligenza, possa essere davvero uno straordinario strumento di convivenza pacifica e di positivo sviluppo economico e sociale e, dall’altro, come l’autonomia vada rivendicata ed esercitata in maniera aperta e dialogica con i livelli nazionale ed europeo. La nostra esperienza ci insegna inoltre che le buone ragioni delle autonomie non possono prescindere dal rispetto dello stato di diritto, dalla negoziazione e dai principi costituzionali. Esse devono essere in dialogo costante con gli altri livelli di governo. Solo in questo modo possono rappresentare un valore aggiunto anche per l’intero sistema e un baluardo a difesa della democrazia. Infine, i nostri sistemi di autogoverno hanno potuto svilupparsi grazie anche alla dinamicità e al continuo processo di rinnovamento e ridefinizione degli equilibri tra i diversi livelli istituzionali, all’interno del quale hanno assunto un ruolo di assoluto rilievo le norme di attuazione dello Statuto di autonomia. Il nostro auspicio è che in Spagna e in Catalogna possa aprirsi un dialogo ed un confronto costruttivo tra governo nazionale e governo catalano, in un’ottica di rispetto e comprensione delle reciproche posizioni e di valorizzazione delle diverse istanze. Sarebbe altresì auspicabile, anche alla luce delle nuove dinamiche sociali, politiche ed economiche, che si aprisse a livello nazionale ed europeo una seria riflessione sul futuro degli enti territoriali e sull’opportunità di rilanciare il valore del regionalismo all’interno del rinnovato contesto internazionale. Nel ringraziarVi per l’attenzione, vogliate gradire i sensi della nostra più alta considerazione. 

Il Presidente     Il Presidente 
- Ugo Rossi  - Arno Kompatscher -

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sabato 21 0ttobre 2017
I poteri del presidente della regione saranno assunti
dal premier Mariano Rajoy, attraverso un suo rappresentante e saranno convocate elezioni anticipate. 

Elemento giustificativo dell’attivazione della procedura una «disobbedienza ribelle, sistematica e consapevole», da parte della Catalogna, che avrebbe
«gravemente attentato» all’interesse generale dello Stato.

L’assemblea catalana resterà invece in carica, - e questo permette a Madrid di argomentare che non è in gioco la democrazia in Catalogna - ma avrà, secondo
le indicazioni del Governo  centrale, funzioni solo rappresentative e non potrà nominare un nuovo presidente e una nuova amministrazione. 

Madrid potrà esercitare sulle sue decisioni un potere di veto entro 30 giorni.
Sembra anche che, in previsione della possibilità di uno stallo, il governo di Madrid abbia previsto la sospensione degli stipendi per i dipendenti pubblici catalani riluttanti a eseguire i nuovi ordini.


Il problema, tutto politico questo, è che il processo di indipendenza non ha il sostegno e il consenso di una maggioranza schiacciante di catalani. 

Se anche il voto catalano non fosse stato ostacolato dalla polizia spagnola, non si sarebbero mai raggiunte percentuali simili. Il 1° ottobre i «sì» sono stati il 92% dei  voti espressi, ma ha partecipato al referendum solo il 43,3%  degli aventi diritto, che rappresenta - secondo le rilevazioni statistiche -la quasi totalità dei favorevoli all’indipendenza.
Un recentissimo sondaggio, centrato sull’attualità, mostra che il 68% della popolazione è favorevole a nuove elezioni, e il 66,5% è contrario al commissariamento di Madrid. 

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Euro-utopie. Negli anni 90 il magnate olandese della birra, Freddy, teorizzò un diverso modello federale  Heineken e il sogno dei 75 Stati-regione.

Catalogna:  incubo a occhi aperti: nel suo slancio secessionista, Barcellona ha finito per perdere l’autonomia. 

Di fronte a uno Stato centrale la cui Costituzione non permette strappi all’unità del Paese e a un’Europa che istituzionalmente non può riconoscere la  sovranità nazionale autoproclamata da una regione in territorio Ue, la Catalogna ha le spalle al muro ed è isolata, ma continua la sua battaglia politica. C’è anche un sogno, un’aspirazione europeista dietro tanta disperata determinazione? 

Il tempo delle piccole patrie sembrava tramontato, soprattutto nell’Unione a 28 (presto a 27) Paesi che aveva accolto al suo interno nuova eterogeneità etnica, storica e geopolitica, ma è un rischio insito nelle aspirazioni catalane e
nei possibili effetti imitativi.

Ci fu un momento in cui qualcuno teorizzò un’Unione più efficiente e coesa attraverso la nascita degli Stati-regione, 75 in tutto, ognuno popolato da non più di 5-10 milioni di abitanti. 

Il magnate olandese della birra, Freddy Heineken, si fece aiutare all’inizio degli anni 90 da due storici dell’Università di Leida (Henk Wesseling e Wim vand den Doel) per formulare una teoria secondo la quale la frammentazione europea in queste entità medio-piccole avrebbe potuto contenere meglio le diverse pulsioni etniche e separatiste.

pamphlet dal titolo Gli Stati Uniti d’Europa (Un’Eurotopia?).

Nel 1994 venne istituito il Comitato delle regioni, ma da allora in avanti la nuova ragion d’essere dell’integrazione europea sarebbe stata progressivamente riconducibile agli Stati nazione.