29 agosto 2018

CVA SPA VERSO QUALE FUTURO?

Quale ruolo affidare a Cva per i prossimi anni?  da La Stampa del 28/8/2018

Quale ruolo affidare a Cva per i prossimi anni? «Partecipare a una gara di Formula 1 con il freno a mano tirato». È questa la metafora che è stata usata dai vertici di Cva per sostenere la quotazione in borsa, di cui si parla da tempo, e che determinerebbe la trasformazione della «nostra» azienda energetica in una società per azioni a «partecipazione» pubblica dedita al profitto come le altre. Una immagine efficace. Addirittura ragionevole se si pensa che viene da chi ha il compito istituzionale di attuare, nei limiti delle proprie competenze e culture, gli obiettivi industriali che la proprietà gli ha affidato. Mi sarei stupito se Cantamessa e Di Girolamo avessero prospettato qualcosa di diverso, di maggiormente innovativo, di fantasioso. La politica ha una compito diverso: immaginare il futuro non come semplice adattamento al presente ma come cambiamento della realtà nell'interesse generale. Anche nella Formula 1, a più riprese, chi ha avuto la responsabilità di decidere (la Fia, non i piloti né le case automobilistiche) hanno cambiato le regole del gioco riducendo, ad esempio, la potenza dei motori e le velocità massime. Il tema, quindi, non è come si sta nel «mercato», ma quale ruolo e quale compito affidiamo a Cva per i prossimi anni. È questa la decisione che ha bisogno di un dibattito politico vero e del consenso dei cittadini. Tutti gli esperti sono d'accordo nel ritenere che la sfida mondiale del futuro sarà quella per l'energia rinnovabile. Una sfida che determinerà le chance di benessere e di sviluppo, più o meno equo e sostenibile, di miliardi di persone, noi compresi. Cva rappresenta uno strumento irrinunciabile per affrontarla e per determinare un modello economico che sia consono alle nostre peculiarità, al senso primario della nostra autonomia e al bene comune della nostra comunità. Quotarla in borsa significa privarsi di questo strumento fondamentale, relegarlo alla logica consolidata, e spesso fallimentare, del mercato e dell'interesse del- l'azionista (non di tutti i cittadini) . Lo stiamo vedendo, tragicamente, in molti settori e in molti (troppi) fatti di cronaca. Laddove ci sono interessi pubblici, beni comuni, servizi essenziali il mercato, anche regolato, non è in grado di produrre efficienza e qualità. Rimane subordinato al profitto, produce diseguaglianze e sprechi, corruzione e scarsa qualità. A volte anche drammi nazionali e scandali indegni di un paese civile. Non è una critica al mercato in sé. Non vale per tutto. Vale per quei settori in cui al centro c'è un bene pubblico e un interesse generale. E' questo il caso dell'energia invaile d'Aosta. Per salvaguardare concretamente il bene «acqua», per garantire la stabilità e la coerenza di Cva con il nostro territorio, per avere sotto il pieno controllo pubblico la vera (e unica) leva economica del futuro per la nostra regione occorre trovare un'altra strada. Certo... capisco l'obiezione che può albergare nella testa di molti. «Se il "privato" non sta bene nemmeno il "pubblico" può vantare grandi successi (leggasi Casinò)». Vero. Verissimo. Ecco perché una gestione pubblica di Cva non può essere delegata a «questo» modello di amministrazione regionale. Occorre una riforma che valorizzi le competenze e la professionalità del management, elimini l'influenza della politica nella gestione, ad esempio affidando ad un organismo terzo la scelta dei vertici sulla base di un piano strategico, rafforzi la trasparenza e gli organismi di controllo con una legge apposita ed esalti, invece, la capacità delle istituzioni di fissare obiettivi e progettualità della propria controllata. In Europa, e nel mondo, molti stanno sperimentando nuove formule e nuove idee in questa direzione con lo scopo di investire su una nuovo ruolo del «pubblico» e uscire dalla crisi economica. Basta leggere qualche libro di una delle migliori economiste del panorama europeo come Mariana Mazzucato per darsi un orizzonte. Perché, in Valle d'Aosta, dovremmo essere da me- no? Perché rinunciare? 
FABIO PROTASONI 
Aosta

14 agosto 2018

RIFIUTI VDA; LE SCELTE CONFERMATE DALLA NUOVA GIUNTA SARANNO A CARICO DEI CITTADINI PER I PROSSIMI 17 ANNI - LE CONSIDERAZIONI AL RIGUARDO DI FABRIZIO ROSCIO

Valle Virtuosa: rifiuti, scelte  politiche che i valdostani pagheranno caro.

Per Valle Virtuosa sui rifiuti «governo nuovo ma vecchia politica e a pagare il  conto saranno i valdostani». L'associazione punta i riflettori sull'esaurimento della discarica di Brissogne. sui ritardi per la realizzazione dell'impianto di trattamento del rifiuti e punta il dito contro l'affidamento della sua realizzazione a una Associazione Temporanea di Imprese «che potrà recuperare gli investimenti sostenuti gestendo in regime di monopolio per 17 anni tutti i rifiuti valdostani». 

«La scelta - riportano - è stata adottata, secondo quanto ci ha riportato l'assessore, perché siamo in emergenza e non abbiamo né il tempo né il danaro per utilizzare soluzioni gestionali economicamente più vantaggiose per gli utenti». 

Per Valle Virtuosa «con il "project financing" saranno gli utenti valdostani ad accollarsi oltre ai costi del servizio, i costi finanziari, nonchè i costi di progettazione e di costruzione ed i costi per garantire i profitti dell'Associazione Temporanea di Imprese che si aggiudicherà la gara di appalto». 


Quale maggioranza del cambiamento? L'associazione stigmatizza la decisione: «la "maggioranza del cambiamento" uscita dalle ultime elezioni avrebbe avuto l'opportunità di scegliere un sistema gestionale più efficiente e vantaggioso per gli utenti proponendo, oltre alla gestione pubblica, di unificare gli attuali 5 Sub-ATO in un unico ente che effettui in tutta la regione la raccolta porta a porta dell'organico e dell'indifferenziato, ma non ha avuto il coraggio di apportare alcuna modifica a quanto stabilito dalle precedenti amministrazioni». 

«Abrogare precedenti delibere di giunta regionale è una precisa scelta politica che comporta una visione strategica propria. E' certo più facile delegare a dei privati per i prossimi 17 anni la seccatura di gestire i rifiuti piuttosto che governare in prima persona il fenomeno nell'interesse della comunità». 


«In perfetta continuità con la politica regionale dei rifiuti degli ultimi trenta anni, anche in questo caso si è scelta la soluzione più vantaggiosa per i gestori della discarica a scapito degli interessi degli utenti. L'utilizzo prematuro del IV Lotto con rifiuti non stabilizzati ridurrà lo spazio disponibile per i rifiuti trattati dal costruendo impianto che risulterà utilizzabile per un numero minore di anni». 

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Fabrizio Roscio, tra i promotori di Valle Virtuosa, già consigliere regionale e assessore regionale all'Ambiente, esprime alcune considerazioni rispetto alla presa di posizione dell'associazione Valle Virtuosa.

Le considerazione di Fabrizio Roscio:

1) Valle Virtuosa, all'epoca del referendum 2012 era un'associazione apartitica, che aveva la sua forza nella credibilità tecnica e soprattutto negli amministratori locali che aderivano e nei cittadini indipendenti. E oggi cosa ne è rimasto? A parte le innumerevoli proteste contro qualunque scelta del governo di turno (quotazione CVA, referendum costituzionale, infrastrutture ferroviarie, questione lupo, e chi più ne ha più ne metta) l'associazione è oggi politicamente apertamente schierata, e con ranghi ben ridotti, per cui non è ben chiaro in base a quale motivo possa arrogarsi di rappresentare la cosiddetta società civile.

2) cercare di dimostrare tesi preconfezionate, omettendo una parte della realtà, anche storica, non è propriamente un metodo condivisibile, almeno dal mio pdv. Ad esempio non si può pensare che certe contingenze storiche non condizionino le scelte degli amministratori. Inutile dilungarsi sulla situazione critica dello scorso anno, con il rischio concreto e per niente rassicurante di commissariamento, ma una gestione pubblica del servizio integrato dei rifiuti prevede molti attori, i comuni in primis. Questi ultimi vogliono, e possono, intraprendere tale strada? Eppure i risultati conseguiti dagli enti locali nelle raccolte condizionano non poco quello che succede a valle, in capo alla Regione.

3) si critica la scelta della concessione di servizi, ma si dimentica che l'unica alternativa allora praticabile sarebbe stata l'emergenza. Si dimentica che il progetto di partenza (per realizzare impianti a freddo: per stabilizzare la frazione indifferenziata non recuperabile e per massimizzare il recupero di materia) è stato messo a gara europea, mi domando cosa ci sia di più trasparente, e costituiva la base di partenza, per le offerte migliorative da parte di aziende operanti nel settore. Il privato non è libero di fare le tariffe, ma presenta un piano finanziario e la Regione controlla. Peraltro si omette un aspetto tutt'altro che trascurabile: tutti gli investimenti ricadono in tariffa, sia che li faccia un privato, sia che li faccia il pubblico.

4) l'assunto che pubblico sia buono, mentre privato sia male è contestabile e ci sono esempi vicini e lontani, basti pensare ad alcune partecipate, anche valdostane, o alla nota vicenda dell'ASA canavesana.


5) certe affermazioni, o meglio certe allusioni ai limiti della querela, sono gravissime e offensive, perché si tenta di fare passare l'idea che certe scelte siano in odore di affari personali e di corruzione. Sono così gravi che se si hanno elementi certi bisogna andare in procura, altrimenti è più prudente e opportuno stare zitti.





6 marzo 2018

HACKATHON AL VIA ANCHE AD AOSTA - DAL 9 MARZO AD AOSTA

Che cos'è un hackathon? Come funziona? 



primo hackathon valdostano "Aosta Città Connessa' organizzato sabato 17 marzo dall'associazione Aosta Future Camp

In estrema sintesi, un hackathon è una sfida progettuale non-stop (10 ore); una sorta di maratona di idee che ha l'obiettivo di creare sinergie per produrre sul posto progetti concreti e immediatamente realizzabili, in questo caso a benefìcio della città di Aosta. 

Aosta Future Camp, infatti, intende ragionare sull'Aosta che verrà nei prossimi anni attraverso un confronto tra più soggetti. 

La maratona di idee sarà preceduta, venerdì 16 marzo da un hackathon talks, che vedrà la presenza di numerosi ospiti di assoluto livello.

25 febbraio 2018

PER UNA PROPOSTA DI LEGGE NAZIONALE PER LA TUTELA DEL SUOLO E DEL PAESAGGIO

FORUM NAZIONALE
SALVIAMO IL PAESAGGIO
“Una proposta di legge per la tutela del suolo e del paesaggio italiano 

(ora la politica non ha più scuse)”.

GIOVEDÌ 1 MARZO 2018


ORE 11.00
Istituto della Enciclopedia Italiana

Intervengono:
Paolo Berdini, Domenico Finiguerra, Paolo Maddalena, Manlio Lilli, Alessandro Mortarino, Michele Munafò, Riccardo Picciafuoco, Federico Sandrone.
Luca Mercalli e Paolo Pileri (video).

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Il suolo è da intendersi come lo strato superficiale della Terra, la pelle viva del pianeta Terra. 
Una pellicola fragile. Nel suolo vivono miliardi di creature viventi, un quarto della biodiversità di tutto il pianetaIl suolo è una risorsa finita non rinnovabile e per questo preziosa almeno al pari dell’acqua, dell’aria e del sole. 

Secondo l’ISPRA il consumo di suolo in Italia non conosce soste, e continua sistematicamente e ininterrottamente, a ricoprire aree naturali e agricole con asfalto e cemento, fabbricati residenziali e produttivi, centri commerciali, servizi e strade. 
Il suolo consumato è passato dal 2,7% degli anni ’50 al 7,6% stimato per il 2016. In termini assoluti, il consumo di suolo si stima abbia intaccato ormai oltre 23.000 chilometri quadrati del nostro territorio: una superficie pari all'Emilia Romagna. 
Poiché il nostro Paese è per circa il 35% a carattere montuoso, la cementificazione ha eroso le aree di pianura, le più fertili, che rappresentano circa il 23% dell’intera superficie del nostro Paese (quasi un quarto) e un’ampia parte di quel restante 42% di superficie composto di colline di altezza inferiore agli 800 metri.

ISPRA evidenzia inoltre, i costi generati dal consumo di suolo in termini di perdita di servizi ecosistemici (l’approvvigionamento di acqua, cibo e materiali, la regolazione dei cicli naturali, la capacità di resistenza a eventi estremi e variazioni climatiche, il sequestro del carbonio e i servizi culturali e ricreativi), solitamente non contabilizzati. 
In sintesi il dato nazionale evidenzia che la perdita economica di servizi ecosistemici è compresa tra i 538,3 e gli 824,5 milioni di euro l’anno, che si traducono in una perdita per ettaro compresa tra i 36.000 e i 55.000 euro. 

Secondo l’ISTAT nel nostro Paese sono presenti oltre 7 milioni di abitazioni non utilizzate, 700 mila capannoni dismessi, 500 mila negozi definitivamente chiusi, 55 mila immobili confiscati alle mafie. “Vuoti a perdere” che snaturano il paesaggio e le comunità a contorno.

Tutto ciò a fronte di un andamento demografico che indica una crescita debole, tanto è vero che nel triennio 2012-2016 le morti hanno superato le nascite; nel 2017 la popolazione italiana era 60.579.000 persone, circa 86 mila in meno rispetto al 2016, sostanzialmente stabile dal 2014.

Gran parte degli edifici di nuova costruzione oggi in vendita nel nostro Paese sono stati costruiti diversi anni fa e registrano nel 2015 un invenduto pari a 90.500 unità (abitazioni ancora in costruzione e non ancora sul mercato escluse). Nel contempo sono presenti immobili vetusti e quasi inutilizzabili che avrebbero invece bisogno di essere ristrutturati e riqualificati con evidenti benefici sia economici sia di decoro e senza gravare sul suolo libero.

La crisi economico-finanziaria di questi anni ha sedimentato in seno agli istituti bancari una grande quantità d’immobili, pignorati in parte a cittadini “impoveriti” e, in prevalenza, alle imprese del settore impegnate in operazioni edilizie fallite per esubero di offerta. 
Non a caso i principali istituti di credito hanno aperto un filone “real estate” per smaltire un patrimonio in progressiva svalutazione che grava sui loro bilanci. Le principali sofferenze derivano dal comparto costruzioni e immobiliare, con il 41,7% dei prestiti deteriorati: una quota molto importante, che denuncia un’economia sbilanciata, troppo esposta su questo settore. 

Il Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e forestali ci ricorda, inoltre, che il nostro Paese è in grado, oggi, di produrre appena l’80-85% del proprio fabbisogno primario alimentare, contro il 92% del 1991. Significa che se, improvvisamente, non avessimo più la possibilità di importare cibo dall’estero, ben 20 italiani su 100 rimarrebbero a digiuno e che quindi, a causa della perdita di suoli fertili, il nostro Paese oggi non è in grado di garantire ai propri cittadini la sovranità alimentare. Tanto che la Superficie Agricola Utilizzata (SAU) si è ridotta a circa 12,7 milioni di ettari, mentre nel 1991 era quasi 18 milioni di ettari.

A livello globale la Terra negli ultimi 40 anni ha perso un terzo del suo terreno coltivabile - a causa dell’erosione o dell’inquinamento - con conseguenze definite disastrose in presenza di una domanda di cibo che sale alle stelle: quasi il 33% del terreno mondiale adatto o ad alta produzione di cibo è stato perduto a un tasso che supera di gran lunga il ritmo dei processi naturali in grado di sostituire il suolo consumato.
7.145 sono i comuni italiani (l’88,3 % del totale) interessati da qualche elemento di pericolosità territoriale; tra questi il 20,3 % (1.640 comuni) presentano aree ad elevato (P3) o molto elevato (P4) rischio frana, il 19,9 % (1.607 comuni) presentano aree soggette a pericolosità idraulica (P2) mentre il 43,2 % (3.893 comuni) presentano un mix dei rischi potenziali (P2, P3, P4).

Per queste ragioni il contrasto al consumo di suolo dovrebbe essere considerato una priorità e diventare una delle massime urgenze dell’agenda parlamentare, ma la "Politica" fino ad oggi non è stata neppure in grado di approvare al Senato una "timida" legge per contenere il consumo di suolo agricolo. 

Per questi motivi il Forum Italiano dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio (più noto come Forum Salviamo il Paesaggio) - Rete civica nazionale cui aderiscono attualmente oltre 1.000 organizzazioni e molte migliaia di cittadini a livello individuale - ha ritenuto indispensabile elaborare un proprio originale testo normativo, in conformità con i dettami costituzionali, volto a mettere fine al consumo di suolo e non limitarlo al suo semplice “contenimento”, da proporre come riferimento per iniziative parlamentari tese a dotare il nostro Paese di una chiara, inequivocabile, costruttiva normativa a tutela dei suoli ancora liberi, compresi quelli all’interno dell’area urbanizzata, utile a risolvere anche i problemi dell’enorme patrimonio edilizio inutilizzato ed in stato di abbandono. 

Tra l’ottobre 2016 e il gennaio 2017 all’interno del Forum è stato costituito un apposito gruppo di lavoro tecnico-scientifico multidisciplinare, formato da 75 esperti di varie discipline: architetti, urbanisti, docenti universitari, ricercatori, pedologi, geologi, agricoltori, agronomi, tecnici ambientali, giuristi, avvocati, giornalisti/divulgatori, psicanalisti, tecnici di primarie associazioni nazionali, sindacalisti, paesaggisti, biologi ecc.

Il 3 febbraio scorso il testo normativo è stato reso pubblico.

Il Forum Salviamo il Paesaggio invita la società civile e il mondo ambientalista a sostenere e promuovere la trasformazione della proposta normativa in legge. 
Invitiamo anche tutte le forze politiche a valutarlo e indicare la loro condivisione e l'impegno a sostenerlo fin dalle prime ore della prossima legislatura ...

24 febbraio 2018

MORTI EVITABILI...

Comunicato n° 118 del 20 febbraio 2018
Interpellanza sulla riduzione del tasso della "mortalità evitabile"

Nella seduta consiliare del 20 febbraio 2018, il gruppo ALPE ha interpellato l'Assessore alla sanità in merito alla riduzione del tasso della "mortalità evitabile", ovvero dei decessi avvenuti prima dei 75 anni per cause prevenibili o trattabili con interventi di prevenzione primaria, diagnosi precoce e terapia o altra assistenza sanitaria.
Osservato come il rapporto MEV 2018 collochi la Valle d'Aosta fra le peggiori regioni d'Italia e che i dati, sia per i maschi che per le femmine, siano di gran lunga peggiori rispetto alla media italiana ponendoci al diciottesimo posto, il Capogruppo ha chiesto di conoscere le valutazioni in merito, se nell’ultimo triennio l’Amministrazione regionale abbia assegnato all’Azienda USL obiettivi attinenti alla problematica in questione e quali misure si intendano attuare per mutare la preoccupante classifica, che mette in luce le criticità della prevenzione sanitaria in Valle d'Aosta.
L'Assessore alla sanità, concordato sul fatto che i dati dicono che la quota di decessi vede la Valle d'Aosta in difficoltà, ha spiegato che gli interventi per far fronte alla mortalità evitabile sono suddivisi in tre gradi di prevenzione, partendo dalla promozione di corretti stili di vita, passando dalla diagnosi precoce al ricorso alle strutture sanitarie. Vista la complessità dei temi da affrontare, Luigi Bertschy ha affermato l'importanza di effettuare una lettura differenziata dei dati per cause di mortalità, in modo da fare una valutazione analitica, riscontrare le criticità e mettere in atto gli interventi dovuti.
L'Assessore ha riferito che i dati del rapporto MEV 2018 si riferiscono al 2015 sulla mortalità evitabile in Valle d’Aosta, confermando il dato medio nazionale che vede i maschi superare le femmine di grande misura su questa specifica mortalità: i maschi valdostani deceduti hanno perso, mediamente, 25,97 giorni di vita contro i 13,68 delle femmine; i corrispondenti valori medi nazionali per i maschi sono di 23,36 giorni e per le femmine 13,42 giorni. La Valle d’Aosta, ha sottolineato Bertschy, presenta valori inferiori alla media nazionale e per entrambi i generi per la componente “trattabile”, ma registra, nel 2015, dei livelli particolarmente elevati, al confronto delle altre Regioni, per la componente “prevenibile”. Diversa e opposta è invece la situazione per le cause di morte che potevano essere evitate con maggiore prevenzione; il differenziale rispetto alla media nazionale è quindi più elevato anche se è più ampio tra i maschi valdostani che non tra le valdostane.
L'Assessore ha evidenziato che sono stati già programmati a livello regionale, e in parte attuati, progetti di prevenzione primaria, che vedranno i loro frutti nel corso dei prossimi anni poiché l’effetto degli interventi non possono che essere stimati nel medio periodo.
Luigi Bertschy ha quindi parlato del Piano regionale della prevenzione 2016/2020, specificando le varie azioni che riguardano direttamente e indirettamente la riduzione della mortalità evitabile, articolate in sei programmi.
Il Capogruppo di ALPE, nella replica, ha affermato che questa situazione preoccupa tutti e esige un cambio di marcia. La risposta dell'Assessore, per Albert Chatrian, ha solo delle buone intenzioni e a fare la differenza sono i dati, non ci sono a monte priorità e non sono specificate le modalità per raggiungere gli obiettivi. Chatrian ha sostenuto che è arrivato il momento di essere più coraggiosi, di smettere di affrontare esclusivamente l'ordinaria amministrazione e di darsi finalmente delle priorità per fermare il trend negativo del sistema Valle d'Aosta.


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https://www.12vda.it/cronaca/giudiziaria/casin%C3%B2-ed-aeroporto-protagonisti-nellapertura-dellanno-giudiziario-della-corte

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