13 novembre 2011

DA RIFIUTO A MATERIALE: E TUTTA QUESTIONE DI LINGUAGGIO...

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Bandiamo il termine rifiuto. Intervista a Carla Poli

Da il blog Organyc online.com

Bandiamo il termine rifiuto. Intervista a Carla PoliRiprendiamo integralmente l’intervista fatta da Michela del blog Organyc.com per raccontare di un’altra donna attiva nella green economy che, questa volta, si occupa di rifiuti. Carla Poli, direttrice della Società Centro Riciclo Vedelago srl in provincia di Treviso. Definita il ciclone contro l’inceneritore, il suo “virtuoso” centro ricicla il 90% dei rifiuti che raccoglie. Di più che a San Francisco.

Le raccolte differenziate provenienti dai Comuni o dalle aziende arrivano al centro. Qui vengono riselezionate e i materiali, divisi e ridotti volumetricamente vengono consegnati a impianti di seconda lavorazione o a specifiche aziende che impiegano i materiali nei loro cicli produttivi. Ma non è tutto. Non esiste scarto per il Centro Vedelago: ciò che non può essere riciclato viene trasformato in una “materia prima seconda”, un granulato plastico che viene utilizzato sia nel settore dell’edilizia sia nel settore dell’industria plastica. Niente discarica o inceneritore quindi per il Centro Vedelago.

- Lei ha partecipato recentemente a Ted Ex Reggio Emilia, un evento-conferenza che riunisce i maggiori protagonisti del “pensare” e del “fare” a livello locale, per raccontare la sua esperienza e dire com’è che gli italiani “do it better”. Il suo intervento è stato “Come siamo riusciti a riciclare più rifiuti che a San Francisco”. Come avete fatto?

Il passaggio chiave è stato non parlare più di rifiuti ma di materiali. Abbiamo implementato un sistema che parte dal concetto che sono tutti materiali utili da rimettere nei cicli produttivi.

- Come funziona la gestione dei rifiuti a San Francisco?

A San Francisco c’è un’isola destinata all’attività di recupero dei rifiuti dove ogni materiale riprende vita con una precisa attività di riciclo. In Italia si punta sulla precisione e sull’attività dei cittadini nel fare la raccolta differenziata ma mancano degli anelli di passaggio che conducono il rifiuto da tale a divenire un nuovo oggetto-risorsa. Non basta fare la raccolta differenziata.

E’ fondamentale rimettere in circolo, preferibilmente nello stesso territorio, i prodotti riciclati. Bisogna finalizzare il processo fino alla fine, dalla produzione iniziale del materiale che diviene rifiuto fino alla vendita del nuovo oggetto nato con il riciclo.

- La conferenza alla quale ha partecipato ha come slogan «Ideas worth spreading», idee che vale la pena mettere in circolo. Perché per cambiare le cose in meglio c’è bisogno che le buone idee vengano diffuse, spiegate bene e raccontate in maniera avvincente. Quanto è importante quindi secondo lei comunicare quanto viene fatto per l’ambiente?

Io credo molto nella comunicazione nella scuola. E’ fondamentale partire da lì, con un linguaggio semplice. Per arrivare alle famiglie e al mondo dei cittadini.

Il concetto fondamentale a cui tengo di più è che dicendo rifiuto sbagli tutto, fai disinformazione. Bisogna bandire il termine rifiuto e parlare invece di materiale di recupero. Rifiuto significa qualcosa che non vuoi più, di cui ne fai a meno. Invece il rifiuto è una risorsa preziosissima che non va sprecata. E’ un concetto su cui mi soffermo tantissimo durante le attività con i bambini. Compito delle aziende è produrre prodotti riciclabili, non solo nel packaging, per far chiudere il cerchio e tornare così alla produzione. Quello che non è riciclabile dovrebbe essere considerato un errore di produzione. Produci un problema, per le generazioni successive. Il salto culturale necessario consiste in questo.

- Lei è una donna, sta portando avanti delle belle iniziative. Vede una differenza nella sensibilità e nell’interesse verso l’ambiente tra uomo e donna?

Assolutamente. L’approccio femminile è molto più reale, fattivo. E’ la natura che chiama, forse l’istinto di conservazione. Entriamo nelle problematiche con l’istinto. Noi ci arriviamo.

- Cosa dice alle giovani di talento costrette, in mancanza di occupazione ad andare all’estero per mettere in pratica le proprie competenze?

È necessario uno sforzo comune per impedire questa diaspora. Io mi sto battendo tanto per implementare dei sistemi efficienti qui. Ci sono tante ricercatrici molto brave, e perderle così mi fa molto male…


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