Aosta - Viale della Pace. Una zona "verde" destinata a scomparire? Nonostante la raccolta firme il Comune ha tagliato 18 alberi e ne ha piantati solo 6. Siamo favorevoli ad una corretta gestione dei rifiuti applicando l'opzione "rifiuti zero" e aderiamo al progetto "guadagnare salute ". Al referendum propositivo del 18/11/2012, abbiamo sostenuto il SI e scelto un percorso di gestione rifiuti senza incenerimento. #versorifiutizero
RUDI FRANCO MARGUERETTAZ. intervento in Parlamento del 21 dicembre 2017 Grazie Presidente, nel mio intervento focalizzerò la mia attenzione sulla questione che riguarda la mia regione, la Valle d'Aosta, e approfitterò del tempo a disposizione per anticipare anche la dichiarazione di voto. Voglio innanzitutto sottolineare un fatto che giudichiamo positivamente. Il Governo, per voce del viceministro Morando, ha pubblicamente riconosciuto che in questi anni alla Valle d'Aosta è stata chiesta una compartecipazione eccessiva al ripianamento del debito dello Stato. Questa affermazione, che condividiamo senz'altro avendola più volte denunciata all'interno di quest'Aula e non solo, è certamente suffragata dai fatti. Un dato per tutti fornito in questi giorni dalla regione: negli ultimi sei anni la Valle d'Aosta ha concorso alla finanza pubblica dello Stato per un totale di un miliardo e 256 milioni di euro. Un dato che se vogliamo capire meglio dobbiamo rapportare a quella che è la popolazione valdostana e ne dedurremmo che, appunto, fatta la proporzione tra questa cifra e la popolazione valdostana, ad ogni valdostano, dall'ultimo neonato al più anziano, e come se fossero stati prelevati in questi anni la bellezza di circa 10.000 euro a testa. Dunque, il confronto tra la regione e il Governo alla luce di questa Legge di bilancio si è svolto con un comune obiettivo: quello di rendere più equa questa situazione. Dirò più avanti le contrarietà sulle traduzioni concrete di questa volontà ma sono certo della buona fede che ha guidato l'azione del Governo e riconosco lo sforzo fatto nel reperire le risorse finanziarie che hanno portato alla formulazione dell'emendamento che ci riguarda. Per spiegare meglio però perché non condividiamo l'emendamento governativo, così come è stato formulato, è bene fare qualche passo indietro. All'origine di queste iniquità che descrivevo, c'è il decreto legge n. 95 del 2012 sul quale grava una sentenza dalla Corte costituzionale, la n. 77 del 2015. Tale sentenza, riferendosi al contributo richiesto alla regione, afferma che, virgolettato, “esso è espressamente circoscritto, temporalmente, fino al 2017”. Ora, sulla base di questa sentenza è in corso un nuovo ricorso conto il decreto del MEF del 9 maggio scorso che si basa sostanzialmente su una diversa interpretazione dell'applicabilità, o meno, di questa legge nell'anno in corso. Su questo contenzioso avremo la sentenza nel prossimo mese di marzo ma una cosa appare chiara, almeno a me che non sono un fine giurista ma un semplice montanaro, che se quella sentenza dice che il contributo è espressamente circoscritto fino al 2017 non si può certo pensare che vi siano altri accantonamenti a carico della regione dal 2018 in avanti. Ora stranamente l'emendamento governativo, dove ho l'impressione che la mano del funzionariato forse abbia prevalso su quella della politica, pur prevedendo una riduzione, anche significativa, degli accantonamenti riconferma fino al 2020 e oltre, facendo, a mio avviso paradossalmente, esplicito riferimento alla sentenza della Corte costituzionale che, come dicevo, li circoscrive fino al 2017. È quindi prevedibile, dati i precedenti, che questa impostazione genererà altri contenziosi dai quali ne deriverà che, delle due l'una, o lo Stato o la regione dovranno rimettere mano ai loro bilanci. Ecco perché, signor Presidente, signori del Governo, il mio voto alla manovra sarà un voto di astensione mentre confermo la volontà di rinnovare, se sarà posta come immagino, la fiducia al Governo. Un voto di fiducia che vuole essere un auspicio soprattutto. Io, appunto, mi auguro che, anche perché credo sia interesse sia dello Stato sia dalla regione Valle d'Aosta, si utilizzi anche quest'ultimo scampolo di legislatura per continuare un confronto e trovare soluzioni diverse da quelle che oggi discutiamo. Si darebbe tra l'altro, così, seguito anche all'ordine del giorno del senatore Laniece, accolto dal Governo come raccomandazione, che ad oggi risulta disatteso. Grazie.
L’Unione Europea nega più libertà e pluralismo! Che immagine dell’Europa ci viene trasmessa in queste settimane dalle massime istituzioni continentali? Dinanzi al caso del Regno Unito, difficile non rimanere colpiti e irritati dalla volontà di “farla pagare” a una popolazione che in piena autonomia ha deciso di uscire dall’Unione così come, alcuni decenni prima, aveva scelto di entrare nella Comunità stessa. Non si comprende come gli eurocrati possano giustificare il loro disprezzo per una volontà espressa democraticamente e basata su ben precise argomentazioni. Nell’affrontare la Brexit, í responsabili dell’Unione sono apparsi privi della minima disponibilità a fare autocritica, ad ammettere che un’antica società di tradizione liberale non poteva lasciarsi dominare da qualche grigio commissario, né poteva subire un modello di giustizia e comunità politica in cui non si riconosce. Ugualmente imbarazzante è il modo in cui, in queste settimane, gli eurocrati hanno appoggiato l’azione repressiva condotta in Catalogna dal governo spagnolo. Si può ritenere illegale (secondo la Costituzione del 1978) il referendum convocato dalla Generalitat catalana, oppure si può pensare che l’ordinamento spagnolo non possa ignorare il diritto internazionale, che è sovraordinato rispetto a quello costituzionale e garantisce il diritto di auto determinazione di ogni popolo. Ma al di là di queste discussioni, è inammissibile che nell’Europa del 2017 la Guardia Civil picchi normali cittadini intenti a votare e che tribunali controllati politicamente mettano in prigione esponenti dell’opposizione e responsabili di associazioni culturali. Molti giuristi spagnoli (tra il costituzionalista Javier Pérez Royo, dell’Università di Siviglia) hanno condannato senza mezzi termini l’arresto privo di ogni base legale degli esponenti della società civile e del governo catalano. A Bruxelles, però, Jean-Paul Juncker e gli altri suoi sodali hanno fatto a gara nel sostenere il governo di Mariano Rajoy e le sue scelte. Se oggi l’Unione è orientata a censurare le scelte della popolazione (come nel Regno Unito) e a difendere riemergenti tentazioni autoritarie, questa istituzione è la negazione di quella che avrebbe dovuto darci più libertà e pluralismo. Non c’è da stupirsi, allora, se l’euroscetticismo dilaga ormai un po’ ovunque.
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