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12 settembre 2019

Odissea Alzheimer - verso una riabilitazione cognitiva in Valle d'Aosta


Riabilitazione cognitiva in Valle d'Aosta onde poter mantenere valide per più tempo le capacità del paziente che inizia ad accusare disturbi della memoria e che non necessita ancora di trattamento farmacologico.  (si potrebbe per esempio attivare un ambulatorio con una neuropsicologa)

Migliorare il rinnovo dei piani terapeutici dei pazienti ricoverati in struttura. Ruolo e competenze del medico interdivisionale copre il servizio su 3 presidi. Due possibili nuovi farmaci - bapinuzumab e interpiridina - hanno disatteso le aspettative.


Le molecole avevano l’obiettivo di eliminare le placche di beta-amiloide dal cervello, uno dei marcatori della più comune forma di demenza. Senza successo.

«Ci sono 50 molecole in fase di sperimentazione, a volte anche abbastanza avanzata - ragiona Claudio Mariani, ordinario di neurologia all’Università di Milano e presidente dell’Associazione per la Ricerca sulle Demenze (Ard) -. Il problema è che, una volta rimossa l’amiloide, molti cervelli non tornano al punto di partenza: il danno è irreversibile ». 


Motivo per cui, piuttosto che attendere la pillola «magica », l’auspicio diventa un altro: riconoscere le persone affette da un lieve declino cognitivo per trattarle a scopo quasi profilattico. 



La malattia inizia molto prima che si manifesti, più di un indizio fa pensare che i farmaci sopracitati, se somministrati prima o all’inizio del deposito dell’amiloide, possano porre un argine all’Alzheimer.

Al via «Interceptor». Come individuare le persone da curare con gli «spazzini» dell’amiloide, evitando che ad assumere i farmaci sia chi non ne ha bisogno? È questo l’obiettivo che gli specialisti italiani si sono prefissati con «Interceptor», un progetto su cui il ministero della Salute e l’Agenzia del Farmaco sono pronti a investire quattro milioni di euro per «individuare il biomarcatore o l’insieme di molecole più accurato in modo da completare una diagnosi di declino cognitivo lieve, fornendo ai cittadini libero accesso a questo screening preventivo ed, eventualmente, a una cura», dice Paolo Maria Rossini, responsabile della struttura di neurologia del Policlinico Gemelli di Roma e coordinatore del progetto che è pronto a partire, arruolando 400 pazienti.
Identificare i pazienti. Potendo predire con accuratezza la conversione della diagnosi di declino cognitivo in Alzheimer, dopo due o tre anni di «follow-up», si spera di identificare i pazienti che potranno beneficiare di (eventuali) nuove terapie. 


Ai soggetti coinvolti - già affetti da una forma di declino lieve - sarà somministrato un test neuropsicologico per valutare la performance cognitiva. Poi saranno sottoposti a una serie di esami: a un elettroencefalogramma, a una risonanza magnetica, alla «Fdg Pet» (per misurare il metabolismo cerebrale) e alla «Pet amiloide» (che rileva le proteine betaamiloide e tau), oltre che al dosaggio di alcune proteine su campioni di liquor cefalorachidiano  all’esame del Dna così da valutare il rischio genetico.

Attraverso questi sette biomarcatori si punta a misurare l’evoluzione della malattia con più precisione. Declino cognitivo lieve. Le persone già colpite da una forma di declino cognitivo lieve «non hanno la certezza di ammalarsi di Alzheimer, ma convivono con un rischio più alto », aggiunge Mariani, alla vigilia della giornata mondiale dedicata alla malattia, il 21 settembre. 


E, allora, come riconoscerle?

Non di certo in modo superficiale, perché «parliamo di individui autosufficienti: non basta dimenticare un paio di nomi o date per considerare se stessi o qualcun altro sulla strada della malattia». Occorre sottoporsi ad alcuni test neuropsicologici, con l’obiettivo di indagare memoria, attenzione e linguaggio.
Le persone colpite da un decadimento cognitivo lieve incontrano difficoltà a ultimare compiti complessi: occuparsi
dei propri affari finanziari o preparare un pasto. 


Come intervenire? 

Se sono disponibili alcuni farmaci (gli anticolinesterasici) per contrastare la progressione dell’Alzheimer conclamato, nessun rimedio esiste invece per chi soffre della condizione di declino «soft». «Ci sono dati, tuttavia, che evidenzianoi benefici di una stimolazione continua: perciò - chiosa Mariani - consigliamo di leggere, continuare a studiare e praticare attività fisica».

22 ottobre 2017

VACCINI CON INTELLIGENZA





La esecuzione di dosaggi di anticorpi prevaccinali in genere rientra fra le “Prestazioni di prevenzione gratuite ai sensi del DM 1/2/1991 in quanto disposte nel prevalente interesse pubblico“, altresì ribadito dall’art. 7 della Legge 210/92 e dall’art. 1 comma 4 lettera b del D.Lgs.124/1998 [quest’ultimo con particolare riferimento alle vaccinazioni raccomandate]Per effettuare questi esami gratuitamente in regime di SSN occorre quanto segue:
– deve esistere sul territorio un laboratorio che li esegua [azienda ospedaliera oppure  laboratorio accreditato];
– deve esserci volontà politica della ASL di recepire il suddetto DM e fornirli ai cittadini, il che si traduce nella stipula di accordi fra la ASL e la struttura erogatrice in cui la ASL accetta di pagare e concorda il prezzo delle prestazioni;
– gli esami sono gratis solo se a prescriverli sono i medici funzionari ASL, ossia gli ex ufficiali sanitari, oggi “medici incaricati di sanità pubblica”, tra i quali rientra il medico vaccinatore.
– a questo punto la prestazione risulta esente da ticket per categoria, con codice di esenzione già previsto in tariffario regionale “P03 – Prestazioni specialistiche correlate alla pratica vaccinale obbligatoria o raccomandata“.
Se invece queste condizioni mancano, oppure il medico vaccinatore oppone resistenza, è vostro diritto eseguire questi esami e individuare un laboratorio esecutore al quale potete accedere direttamente e semplicemente pagando [purtroppo] di tasca vostra [70 €uro circa].

informate il medico che avete documentato con un filmato le capacità di vostro figlio o di vostra figlia prima della vaccinazione e che, se si verificassero effetti collaterali imputabili alla vaccinazione, il medico ne dovrà rispondere personalmente [il danno vaccinale rientra nella categoria delle “lesioni personali”];
se si arriva a vaccinare, chiedete che la prima goccia del vaccino venga buttata perché spesso contiene i residui di usura della lavorazione meccanica dell’ago;
chiedete che vi venga consegnata la siringa e la scatola con il numero del lotto e il foglietto illustrativo.


Tutto ciò che è stato elencato rappresenta un vostro incontestabile diritto così come è altrettanto vostro incontestabile diritto che ogni ASL vi renda immediatamente noto il numero di lotto, il nome commerciale, il produttore, la data di acquisto, la data di scadenza, il responsabile del procedimento di conservazione e stoccaggio, i dati della procedura di stoccaggio e conservazione in merito ad ogni singolo vaccino somministrato a vostro figlio o vostra figlia.

Le vaccinazioni obbligatorie non sono coercibili, né assimilabili al TSO di origine psichiatrica

Al contrario di quanto scrivono taluni manipolatori della realtà, ribadiamo che benché vi sia un obbligo di legge [che non può prevaricare il rispetto della dignità umana] le vaccinazioni obbligatorie non sono coercibili né assimilabili al TSO di origine psichiatrica. Pertanto, vi sarà sempre un consenso informato da firmare ed è vostro incontestabile diritto che questo consenso – oltre ad essere veramente informato – risponda a numerosi requisiti che abbiamo elencato nel nostro articolo precedente Legge vaccini: pretendere il rispetto del ‘consenso informato’ determinerà la sua sconfitta.

In sostanza, per coloro che hanno maggiori difficoltà a comprendere il concetto, la legge potrà anche obbligare ad un determinato trattamento sanitario ma non può violare in nessun modo i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Non è il contrario!!! Non è che la legge non può violare i diritti della persona umana a meno che tale violazione sia giustificata da un obbligo. La legge può obbligare, ma non può violare:  è chiaro il concetto?

Il consenso informato nasce molto tempo dopo la Costituzione Italiana, per conferire dignità pratica al all’individuo, fungendo da sintesi tra due diritti fondamentali della persona alla cura ed alla autodeterminazione. Esso è stato riconosciuto all’unanimità dalla Giurisprudenza come principio fondamentale in materia di tutela della salute.

Pertanto, anche se dal 6 agosto 2017 la profilassi vaccinale è definita obbligatoria necessita comunque di un “previo consenso informato” giacchè i soggetti a cui è rivolta sono capaci di intendere e volere e/o rappresentati da adulti capaci di intendere e volere. In presenza di tale capacità, attuale e concreta, siamo in presenza di un diritto attuale e concreto all’autodeterminazione che non può essere superato da alcun obbligo.

In altre parole, un bambino può essere obbligato a sottoporsi a vaccinazione, ma conserva il diritto ad essere previamente informato [tramite i suoi tutori] circa il trattamento sanitario che riceverà e, in stretta correlazione, può esercitare il diritto a non essere d’accordo.

Senza il consenso di un soggetto giuridicamente capace, il trattamento sanitario può essere obbligatorio finché si vuole, ma non può essere praticato in alcun modo. E quel medico che decide di infischiarsene, credendosi tutelato dall’obbligo di legge, finisce direttamente in galera senza passare dal via.

La sbandierata minaccia di segnalazione al Tribunale dei minori, poi cancellata, serviva giusto per spaventare i genitori. Perchè, anche a fronte di un obbligo, è sempre necessario acquisire il consenso informato dell’esercente la potestà sul minore. Se l’esercente non acconsente che si fa? Se ne attenua la capacità genitoriale per ottenere il consenso dall’organo a ciò deputato: altro genitore, tutore, tribunale. Un consenso serve comunque.

DOMANDA – Perchè dunque, anche a fronte della necessità epidemiologica, se fosse vera, l’obbligo vaccinale non è mai stato esteso alla popolazione adulta prevalentemente a contatto con i bambini? Ovvero, per tutti i maggiorenni e i minorenni oltre i 16 anni?

RISPOSTA – Perchè in tali casi occorre sempre e comunque il consenso della persona, e se quest’ultima non lo presta [con tanto di bella pernacchia all’indirizzo del Governo] l’unica soluzione sarebbe quella di farla interdire: sì cari lettori, proprio così. E non ci dilunghiamo sul perchè sarebbe impossibile ed inattuabile.

Pertanto, tutto l’impianto di questa nuova legge si regge su un unico presupposto: la paura! Per alcuni la paura delle malattie, per altri la paura delle sanzioni, per altri ancora la paura delle esclusioni sclolastiche, e per molti altri ancora la paura delle segnalazioni al tribunale.

Il mezzo che giustifica il fine è semplicemente “la paura”, ovvero il più grande business al mondo che da sempre ha spinto quante più persone possibili a vaccinarsi.

Ciascuno è ovviamente libero di agire come meglio crede in proprosito, ma sia almeno consapevole che nessuno potrà mai davvero obbligarlo perché l’adesione al sistema è sempre su base volontaria: sempre!!!

Anche quando sembra di non avere scelta, basta un semplice: 

NO GRAZIE ….

Obbligo dei vaccini legittimo nel contesto attuale.

Nell’udienza del 21 novembre 2017, davanti alla Corte costituzionale, sono state discusse le numerose questioni di legittimità costituzionale promosse dalla Regione Veneto sul decreto legge n. 73 del 2017, convertito nella legge n. 119 del 2017, in materia di vaccinazioni obbligatorie per i minori fino a 16 anni di età.

Le questioni sottoposte alla Corte costituzionale non mettevano in discussione
l’efficacia delle vaccinazioni – attestata dalle istituzioni a ciò deputate
(Organizzazione mondiale della sanità; Istituto superiore di sanità) e da una lunga serie di piani nazionali vaccinali - ma la loro obbligatorietà, sospesa dalla Regione Veneto con una legge del 2007 che aveva introdotto un sistema di prevenzione delle malattie infettive basato solo sulla persuasione.

La Corte ha dichiarato non fondate tutte le questioni prospettate.

Secondo i giudici costituzionali, le misure in questione rappresentano una scelta
spettante al legislatore nazionale.

Questa scelta non è irragionevole, poiché volta a tutelare la salute individuale e
collettiva e fondata sul dovere di solidarietà nel prevenire e limitare la diffusione di alcune malattie.
La Corte ha considerato tra l’altro che tutte le vaccinazioni rese obbligatorie erano già previste e raccomandate nei piani nazionali di vaccinazione e finanziate dallo Stato nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza sanitaria (Lea). Inoltre, il passaggio da una strategia basata sulla persuasione a un sistema di obbligatorietà si giustifica alla luce del contesto attuale caratterizzato da un progressivo calo delle coperture vaccinali.

È stato, altresì, considerato che la legge di conversione ha modificato il decreto legge riducendo sensibilmente le sanzioni amministrative pecuniarie e prevedendo che, in ogni caso, debbano essere precedute dall’incontro tra le famiglie e le autorità  snitarie allo scopo di favorire un’adesione consapevole e informata al programma vaccinale.
Infine, la mancata vaccinazione non comporta l’esclusione dalla scuola dell’obbligo dei minori, che saranno di norma inseriti in classi in cui gli altri alunni sono vaccinati.

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ALZHEIMER E L'INGRESSO IN RSA.
L’ingresso in queste strutture avviene a seguito di un percorso di valutazione multi-professionale posto in essere dalle c.d. Unità di Valutazione Multi – Dimensionale (Uvmd). In seguito a dette valutazioni, il malato verrà inserito in una graduatoria ordinata in base alla gravità delle condizioni dei pazienti.

Al momento dell’accoglienza in Rsa viene formulato un  piano assistenziale integrato (c.d. Pai) che punta, oltre che alla gestione della quotidianità (igiene personale, alimentazione, ecc.), anche alla gestione delle problematiche comportamentali.

In queste fasi, il Servizio Sanitario Nazionale garantisce sempre il pagamento della quota sanitaria. Alla predetta quota, tuttavia, si aggiunge la quota di rilievo sociale, erogata il più delle volte dalle famiglie e dal Comune in integrazione.

Al riguardo, tuttavia, si sottolinea che non mancano voci discordanti circa la “ripartizione” delle spese afferenti alla retta ed alle cure in Rsa, le quali – per quanto concerne i malati di Alzheimer – dovrebbero essere completamente gratuite e ad intero carico del Servizio Sanitario Nazionale. Per approfondimenti leggi: Alzheimer: i ricoveri in RSA sono a carico totale del SSN



Malati di Alzheimer: il diritto alle prestazioni ulteriori

Nelle ultime fasi della malattia, potrebbero rendersi necessarie – sia che la persona risieda a domicilio, sia in caso di ricovero in Rsa – delle ulteriori prestazioni, quali:

prestazioni mediche da parte del medico di famiglia;
visite ed accertamenti specialistici;
ossigenoterapia;
ausili personalizzati per la deambulazione assistita, per la mobilizzazione, per la posturazione, per affrontare l’allettamento;
presidi per l’incontinenza e la prevenzione delle lesioni da decubito.
Ebbene, il costo di queste prestazioni è a carico del Ssn, poiché si aggiunge alla quota avente rilievo sanitario.

Malati di Alzheimer: il diritto alla nutrizione artificiale
in fase terminale, i malati di Alzheimer potrebbero avere bisogno di essere nutriti artificialmente. La nutrizione artificiale può essere affrontata e gestita anche da casa, ovviamente alla presenza di personale specializzato. Se, invece, il malato è in Rsa la nutrizione artificiale viene svolta dagli operatori socio-sanitari e dal personale infermieristico. Le prestazioni afferenti alla nutrizione artificiale (ivi compresa la fornitura di sacche e di soluzioni da infondere via sondino  naso-gastrico con relativo materiale d’uso) sono integralmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale.